Stavo preparando un articolo diverso da questo. Avevo infatti deciso di scrivere su Paul Ryan (ma potrei ancora farlo), ma mentre scrivevo il pezzo, continuava a ronzarmi nella testa quella piccola notizia di costume di un paio di giorni fa, arrivata dalla Germania.
Il signor Nils Pickert indossa ora una bella gonna rossa perche’ il figlio di cinque anni preferisce indossare abiti femminili. Notizia piccola, eppure ha colpito l’attenzione della rete e dei giornali. Ne ho lette di tutti i colori: chi loda il signor Pickert e chi invece asserisce che faccia solo del male a suo figlio, che pare ora mostri anche attenzione verso lo smalto per unghie.
Bla Bla Bla.
E’chiaro che questo bambino sia uno di quei omosessuali che dimostrano il loro essere da quando sono piccoli. Nella maggior parte dei casi, i genitori, ma soprattutto i padri, combattono una guerra feroce con l’idea che il loro figlio maschio sia diverso. Causando a tutti dolore, confusione e tristezza. Buon per il bambino tedesco che suo padre invece dimostri tale livello di comprensione. Forse crescendo il sapere di avere alle spalle il padre lo aiuterà’ a vincere quei pregiudizi e forse abusi che nonostante egli viva nell’Europa del Nord (c’e’ una differenza), subirà’ durante la sua vita.
Questa notizia mi ha fatto riflettere. Anche io ho un bambino, il mio si chiama Marco e ha nove anni. E’ un bel bambino allegro e vivace sempre pronto a farti ridere e a mettersi nei guai. Io non so che cosa diventerà’ il mio Marco un giorno. Non conosco quali scelte lui farà’ e quale sarà’ il suo destino.
Il mio Marco forse un giorno farà’ delle scelte che io non approverò, ma e’ la sua vita non la mia. Il suo destino, non il mio.
Ma senza indossare una gonna rossa, io saro’ nel suo angolo.
Come Angelo Dundee stava in quello di Muhammad Ali.