Scusate il ritardo.
Attenti al lupo è un blog che vuole dare voce a quelli che spesso vengono dimenticati. O che sono considerati meno di altri o che non si possono difendere. In un mondo veloce e troppo spesso effimero come il nostro noi rischiamo spesso di “dimenticare”. Ho scelto di scrivere un “post” atipico (come del resto ho già fatto altre volte) come mio personale contributo alla memoria.
Leggera come una corona di piume: La Letteratura Yiddish.
La letteratura Yiddish ci appare come vero e proprio simbolo dell’epica. E’, infatti, una letteratura che nasce in situazioni particolari e sicuramente irripetibili. Germinata da comunità granitiche e organiche che tuttavia esprimono tradizioni millenarie e valori universali.
Una delle caratteristiche più importanti della letteratura yiddish è che riesce a trasmettere questi valori e tradizioni in modo accessibile e immediato a tutti i suoi lettori, anche se questi non appartengono per nulla al mondo ebraico, ma anzi ne sono lontani per estrazione e cultura. La letteratura Yiddish riesce così come altre più conosciute (ma non per questo più importanti), a tramandare il retaggio del proprio passato e a fornire insegnamento sui valori che governano la società degli uomini e che muovono le loro anime. Questo, si badi bene, avviene in modo spontaneo, basandosi su valori comunitari e dunque lontani da formulazioni solipsistiche che escludono tutte le altre realtà. E’ da notare il fatto rilevante che la letteratura Yiddish proviene dalla matrice religiosa che fa capo alla Legge Talmudica e tratta quindi di valori universali e necessari che vanno dal rapporto Dio-uomo, a quello più terrestre e coniugale come quello tra marito e moglie per giungere a quello basilare del rapporto dell’uomo stesso nei confronti dei suoi simili.
La produzione letteraria in Yiddish prende a diffondersi soprattutto in Germania durante il medioevo. Il fatto di non poter usare la lingua sacra cioè l’ebraico per questioni non relative alla religione aiutò il normale sviluppo della lingua popolare degli Ebrei dell’Europa settentrionale e orientale, l’Yiddish. Questo linguaggio era usato per gli affari di tutti i giorni ed era dunque per forza di cose scevro da ogni sacralità. Quest’idioma popolare diventerà lingua, trasformandosi in sfondo perfetto su cui si proietteranno le domande e le necessità letterarie del popolo ebraico in quella zona dell’Europa che dalla Germania va verso l’Oriente.
Antichi poemi cavallereschi come il Dukus Horant, il Majnster Hiltibrant e il Ditrich fun Bern furono insieme a poemi epici biblici come il Padre Abramo e il Giusto Giuseppe le prime opere composte o riadattate secondo il gusto ebraico. Autori principali di questa trasformazione erano i cantastorie ebrei, i quali abilmente ricostruivano tali narrazioni per fa si che il popolo le potesse apprezzare. D’altronde come possiamo facilmente immaginare il mondo degli ebrei nel medioevo, era troppo lontano da quell’ideale epico e cavalleresco che invece si andava diffondendo nel resto dell’Europa cristiana. Ha, infatti argutamente detto M. Erik che i romanzi cavallereschi yiddish sono “romanzi senza cavalieri e senza cavalleria”. L’attenzione della gente più che alle scene di guerra e alle battaglie che erano opportunamente eliminate dai cantastorie, era incentrata invece sulle storie d’amore e sui fatti meravigliosi di cui tali poemi erano piene. E’ interessante notare come le stesse autorità religiose ebraiche erano contrarie a questi adattamenti che erano considerati dei veri libri folli e dunque veramente nocivi alla morale della gente.
Mentre i poemi cavallereschi traevano punto per forma e contenuto da quelli tedeschi e solo in seguito da quelli celtici e francesi, la poesia religiosa tradizionale, altro filone dell’antica letteratura Yiddish, attingeva le sue storie dalla Bibbia e dai midrasim. Bisogna porre l’accento che anche questi componimenti potevano avere la forma dei romanzi cavallereschi e spesso recavano echi della situazione sociale in cui vivevano gli ebrei come ad esempio nel poema epico Il Giusto Giuseppe, realtà la loro che era spesso veramente dura.
L’opera più indicativa di questa tipologia di letteratura è sicuramente il Libro di Samuele che descrive con aria ispirata la Storia d’Israele e fa della figura di Davide il centro di quella storia.
Durante il Rinascimento la letteratura Yiddish ha il suo esponente più importante in Elia Levita che fu anche il maestro a Roma del cardinale Egidio da Viterbo, e fu autore del Bovo-Buch e di Paris un Vien.
I secoli che seguirono furono molto difficili, addirittura drammatici per gli ebrei. Le persecuzioni e le distruzioni diventarono soprattutto nell’Europa Orientale sempre più cruente e incessanti. L’unico paese dove gli ebrei avevano stanziato le loro comunità, e che concedeva loro, una certa forma di tolleranza era l’Olanda. Ad Amsterdam fu data alle stampe la prima traduzione della Bibbia in yiddish seguendo il modello olandese dell’antico testamento, senza la traduzione in ebraico.
In seguito la letteratura Yiddish conobbe un lungo periodo di pietrificazione di eventi letterari. Le gravi difficoltà del tempo eressero la religione a unica fonte di vita e di speranza, alla quale tutto il popolo ebraico si strinse come un unico corpo per riceverne speranza e conforto.
Ma è impossibile tenere soggiogato per sempre lo spirito umano e la necessità antropologica degli uomini di raccontare e raccontarsi. Nel XIX secolo avvenne, infatti, una vera e propria esplosione di talenti e di significati che arricchirono in modo definitivo la letteratura Yiddish. Nello sviluppo contemporaneistico di questa possiamo distinguere due momenti fondamentali: il primo che va dal 1863 circa al 1917 e quello successivo dalla fine della Rivoluzione Russa fino agli anni 80-90 del XX secolo. I caratteri salienti del primo periodo (1863-1917) segnano l’evoluzione delle forme letterarie primitive e se vogliamo anche abbastanza semplici che abbiamo analizzato ad altre indubbiamente di struttura e contenuti più importanti ed elevati.. questa caratteristica strutturale della letteratura Yiddish di questo periodo va inserita in una tendenza che era tipica del movimento illuministico e che considerava la letteratura come un vero e proprio strumento per la diffusione culturale tra la gente e dunque capace di installare un maggior senso di libertà e una più forte coscienza dell’assoluta autonomia dell’arte.
Dopo il 1917 le istanze della letteratura Yiddish cambiano forma conseguentemente ai grandi eventi storici che caratterizzeranno la prima parte del secolo scorso. Gli ebrei, nonostante la grande illusione della Rivoluzione Russa avvertono una volta di più che il loro destino è di essere sempre e comunque diversi. E questa loro apparente diversità si esprimerà in termini sempre più marcati nei confronti del mondo che li circonda. Basti pensare allo sviluppo di quella che vorrei definire come letteratura d’emigrazione caratterizzata dalle storie su ebrei che sono emigrati. Soprattutto negli Stati Uniti con le loro tristi e sofferenti parabole di un continuo esilio e della loro fatica per un’affermazione nel Nuovo Mondo.
Anche gli ebrei come molte altre etnie emigrate negli Stati Uniti ricostruiranno nei limiti del possibile quello che era il loro vecchio ambiente cercando di riannodare insieme le loro tradizioni che pure l’ennesimo e forzato esilio non è riuscito a spezzare. Inevitabilmente però il nuovo si mischierà a queste memorie in modo direi deciso e ineluttabile. Con forza le pagine della letteratura, della nuova letteratura yiddish si riempiranno di una linfa nuova e diversificata, quella che riguarda cioè il mondo americano che presto diventerà tessuto fondamentale per gli scrittori ebrei americani.
Con l’Olocausto la letteratura Yiddish sparisce quasi completamente dalla faccia della terra. Di quell’eccezionale fioritura culturale che animava soprattutto l’Europa Orientale, non restano che poche e tristi vestigia. Che senso può avere lo scrivere dopo Auschwitz? E dello scrivere di un mondo che non esiste più?
Che cosa è restato dopo la guerra della Letteratura Yiddish e quale contributo questa può ancora dare all’umanità?
Invito però il lettore che abbia voglia di accostarsi o tornare a questa letteratura, essa offrirà un universo fantastico e pieno di una sensibilità che raramente si può trovare in altre storie letterarie. Si tenga sempre a mente che la letteratura Yiddish è basata sulle vicende e sulle storie della piccola gente. Di modeste creature che molto spesso trascinavano le loro vite difficili in un universo ostile e molto spesso crudele, vivendo comunque le loro storie con la passione e l’amore verso la vita che nonostante tutto solo chi soffre veramente può avere.
Credo che nel leggere i lavori di Mendele, Mocher Sforim, Shalom Aleichem, Shalom Asch, dei fratelli Singer, o di Bergelson, Markish, Kulbak,Opatoshu, Peretz, Pesach Marcus, Chaim Grade e altri noi potremmo onorare la memoria di quelli che erano descritti da questi nelle loro opere e far in modo che la memoria resti viva per chi, come i sei milioni furono annientati dalla barbarie dell’uomo.