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Ipotesi Sul Romanzo.

 

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La frase di Adorno, che scrivere una poesia dopo Auschwitz e’ un atto di barbarie e’ una frase terribile che presenta due possibilità’ d’interpretazione. Entrambe valide.

Auschwitz come anus mundi e quindi come distruzione totale  dell’uomo che non può e non deve contemplare la possibilità di poetare in quanto lo scrivere poesia può essere inneggio alla vita. E’ questa una visione nichilista della letteratura, seppure di un nichilismo non naturale ma bensì indotto dalla drammaticità ultima di Auschwitz che non può essere dimenticata. Del tutto simile ad un’esplosione atomica che contamina per migliaia di anni il mondo intorno all’epicentro dello scoppio e che impedisce la rinascita di una qualsiasi forma di vita.

In quest’ottica la frase di Adorno e’ senza dubbio da ritenersi valida sotto tutti i punti di vista. Ma la letteratura in generale e in particolare quella ebraica non e’ più la stessa. Essa e’ morta. Passata attraverso il camino. Dispersa nel cielo sotto forma di un fumo azzurrognolo, dall’odore acre.

Morta, quindi, ma poi tornata a nascere sotto altre spoglie. Piena di dolore. Di drammatico silenzio. Di parole urlate sulle pagine bianche dei libri. Carica di memoria. Ed essa riempie di responsabilità il lettore, divenendo terapia per chi scrive. Ma anche ulteriore e intrinseco sviluppo della letteratura stessa che ha scoperto un nuovo e impensabile limite, quello del dolore senza fine. Delle domande senza risposte. Del pianto senza lacrime, quello dunque dell’anima mutilata.

In quest’ottica quindi, la frase di Adorno si presta all’altra interpretazione cioè che compiere tale atto di barbarie diventa necessario, passo fondamentale per la rinascita stessa di quella parte della letteratura morta passando per il camino. Come ha scritto, nonostante Auschwitz, con inimmaginabile sofferenza Primo Levi nella splendida “Alzarsi” “…tornare, mangiare, raccontare…”.

Romanzo del ricordo definirei quindi molti di quelli scritti dopo Auschwitz, tra cui quelli di Primo levi, Elie Weisel, Jean Amery, Paul Celan o di Peter Szondi. Romanzo del ricordo dunque ma anche dell’orrore e del male creato dall’uomo. Orrore che deve essere raccontato. Ad ogni costo, perché’ la testimonianza deve diventare Letteratura. Letteratura del ricordo. Dell’ode disperata a chi e’ stato distrutto. Letteratura quindi come antidoto dell’odio. Forse l’ultimo avviso all’uomo stesso che e’ stato capace di pensare, creare Auschwitz. E forse tale letteratura può’ ricondurre l’uomo sui propri passi. Farlo tornare ad essere uomo. Forse a ritrovare la sua vera identità  e mondarsi dunque dell’inenarrabile.

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